di Mario Radice
Nonostante abbia superato i trent’anni questa è una delle prime personali di Carlo Pace: una rarità, dunque, perchè oggi i suoi coetanei hanno allestito decine di mostre personali ed hanno partecipato a centinaia di esposizioni di gruppo. Molti artisti (forse meglio sarebbe dire pseudo-artisti) pare lavorino soltanto quattro o cinque ore alla settimana. Il resto del loro tempo lo trascorrono correndo in auto da una galleria all’altra, visitando tipografi,calcografi, critici d’arte, clienti. Forse anche per questo motivo le opere d’arte sono rare e vediamo nelle trecento gallerie di Milano quasi sempre opere buttate giù con gran fretta, superficiali,inutili e forse dannose. Perchè accade oggi questo fenomeno? Credo che il fenomeno sia dovuto soprattutto al fatto che soltanto in questi anni è giunta a conoscenza della “massa” la pittura impressionistica e post-impressinistica ” fin de siècle”. E’ la prima volta in vita mia che scrivo la parola “massa”, vocabolo che detesto perchè facciamo parte di un popolo, non di una massa. L’ho usata per tentare di essere capito meglio dal paziente lettore. Tornando a Carlo Pace, le sue opere anzitutto hanno buon gusto, poi accordi cromatici bene azzeccati, a volte ottimi, infine il lodevole tentativo, coronato da successo, di comporre in maniera equilibrata e gradevole. Mi pare che le opere più significative siano quelle con composizioni più ampie e semplici. Un altro carattere o meglio pregio, delle opere esposte è la cosidetta ambiguità o ambivalenza di genere (tanto di moda oggi). Le figure umane si vedono e non si vedono nel groviglio dei colori e delle forme che, oltre tutto hanno sapore “liberty”. In conclusione, questa mostra è gradevole e meritevole.